Dall’avvento della pellicola a colori nel 1958, la fotografia in bianco e nero è diventata nostalgica. I fotografi di oggi possono usarlo per creare un look retrò. Ma non è uno stile facile con cui lavorare. Dopotutto, l’immagine finale non assomiglierà a quella che vedi attraverso il mirino.
Per onorare il talento creativo che sta rinunciando al colore, abbiamo compilato questo elenco di 18 portfolio di fotografie in bianco e nero di diversi fotografi. Il colore non deve essere accattivante.
Fotografi che mettono in mostra ritratti in bianco e nero nel loro portfolio
Uno degli stili fotografici più popolari per scattare in bianco e nero, questi fotografi mostrano abilmente la sensazione intima e classica che puoi ottenere quando scatti ritratti fotografici in bianco e nero .
Originaria del Giappone e ora con sede a Brooklyn, la fotografia di ritratti in bianco e nero di Haruka Sakaguchi è piena di vita. Che si tratti di ritratti o di documentare l’ambiente circostante durante i viaggi negli Stati Uniti e altrove, le immagini di Sakaguchi sono potenti e attentamente considerate. Usa un font serif classico per dare al suo portfolio un aspetto professionale.
Agata Serge è la migliore a catturare le lentiggini. Il fotografo polacco, che attualmente vive a Łódź, in Polonia, eccelle nei ritratti in bianco e nero nitidi e negli scatti editoriali. Ha vinto numerosi premi per la sua fotografia, tra cui International Photographer of the Year nel 2016, ed è stata inclusa nel New Dutch Photography Talent nel 2014. Serge mantiene il suo portfolio semplice con un logo classico.
Charlotte Navio è una fotografa francese con sede a Parigi. Ha lavorato con marchi come L’Oreal, Givenchy e Lancome. Navio utilizza un tema a griglia a scorrimento verticale per mostrare i suoi ritratti, inclusi molti scatti classici in bianco e nero. Un menu fluttuante in tonalità pastello consente di accedere ad altre pagine del portfolio senza distrarre dal suo lavoro.
I punti salienti del portfolio di questo fotografo olandese includono un avvincente studio di ritratti dell’autrice Bredje Hofstede, qui raffigurato, nonché un progetto fotografico in bianco e nero chiamato Looking At The Other , in cui Kars ha chiesto ad altri viaggiatori del treno nella metropolitana di New York di portarla foto. Kars mostra le foto una per una per un portfolio minimo e privo di distrazioni.
Questa enigmatica fotografa non condivide molte informazioni sul suo portfolio, ma le sue foto sono sbalorditive. Oltre a due serie di autoritratti, ha anche scattato foto in bianco e nero di diversi musicisti. I suoi autoritratti, in cui galleggia spesso sott’acqua, sono spesso sovrapposti a immagini di piante, conferendo all’opera un aspetto organico e astratto.
Esempi di portfolio che mettono in risalto la fotografia di moda in bianco e nero
Se sei interessato alla fotografia di moda in bianco e nero, dai un’occhiata a questi esempi di portfolio per avere un’idea di come potrebbe essere il tuo portfolio di foto di moda:
La fotografa di moda londinese Rebecca Naen gira spesso su pellicola 35mm, lavorando con riviste come Coeval, Oyster e Client. Offre una breve introduzione al suo portfolio con una galleria panoramica, quindi organizza il resto del suo lavoro suddividendolo tra immagini personali ed editoriali.
Con sede in Austria, Sarah Gallaun è una fotografa ritrattista e di moda. Mescola immagini in bianco e nero e a colori per un portfolio online vario e interessante. Gallaun ha lavorato con Monki ed è apparso in punti vendita come Cake e Contributor magazine.
Con sede tra Berlino e la Scandinavia, la fotografa Pernille Sandberg scatta foto di moda e belle arti, principalmente in bianco e nero. Che stia creando ritratti astratti o documentando i momenti del backstage delle sfilate, le immagini di Pernille sono potenti. Usa un tema minimo della barra laterale per ordinare il suo lavoro in categorie come arte, ritratto e serie di moda.
Il fotografo di moda Darryl Richardson ha scattato per Flatbush Zombies di Brooklyn e ha realizzato servizi nel backstage per marchi come Hood By Air, Maison Kitsune e Alexander Wang. Ha anche girato scene di strada in città da Tokyo a Città del Messico. Richardson separa il suo portfolio in fotografia di moda e di viaggio, consentendo una facile navigazione dei suoi diversi lavori. Un menu super minimale conferisce al suo portfolio un’atmosfera moderna.
Fotografi da controllare per foto classiche in bianco e nero
Mentre la maggior parte dei portfolio fotografici in bianco e nero tende ad avere un aspetto classico intrinseco, se consideri il tuo stile decisamente classico, vale la pena dare un’occhiata a questi fotografi per le classiche foto in bianco e nero:
Questo fotografo e skateboarder londinese cattura magnificamente le gesta di una squadra di skater francese in candide foto analogiche. La sua fotografia in bianco e nero sembra particolarmente classica. Nice presenta il suo sito Web portfolio tramite uno scorrimento verticale dei suoi scatti migliori, con un menu della barra laterale che collega a diverse serie.
Con sede a Seattle, Sebastian Cvitanic è specializzato in fotografia analogica, che cattura straordinari ritratti in bianco e nero e vivaci istantanee di strada. Cvitanic mira a scattare foto belle nella loro semplicità, lavorando in uno stile classico e diretto. L’organizzazione delle immagini in gallerie separate di ritratti in bianco e nero, ritratti a colori, coppie e altre categorie consente di navigare facilmente nel sito del suo portfolio.
Il fotografo newyorkese Richard Rothman ha lavorato nelle collezioni permanenti di istituzioni come il Museum of Modern Art, il Brooklyn Museum e la Bibliothèque Nationale de France. La fotografia in bianco e nero di Rothman è meditativa e silenziosa, catturando momenti di profondità inaspettati. Dà subito un contesto al suo lavoro usando la sua pagina Informazioni come sua home page nel suo portfolio online.
Questi fotografi mostrano la fotografia su pellicola in bianco e nero
Non puoi sbagliare con questi portfolio fotografici in bianco e nero se sei interessato alla fotografia cinematografica:
Con sede in Belgio, Jean-François Flamey scatta foto enigmatiche su pellicola. Le sue immagini in bianco e nero sono inquietanti, sfocate ad arte e catturano brevi momenti nel tempo. Flamey dispone le sue foto in un formato simile a un collage su un rotolo orizzontale, esibendo una serie di serie diverse e avvincenti.
Con sede ad Amsterdam, Lieke Romeijn scatta ritratti analogici belli e delicati, oltre a foto dei luoghi che visita. Romeijn organizza le sue immagini con un tema a griglia, che consente a serie separate di stare da sole come interi corpi di lavoro.
La migliore scelta di portfolio per la fotografia naturalistica in bianco e nero
Che si tratti di fotografare antiche rovine nello Utah o montagne nel Montana (come si vede qui), il fotografo Rob Outlaw sa cosa fa funzionare una foto di paesaggi. L’affermato fotografo americano documenta paesaggi negli Stati Uniti da oltre trent’anni. Crea un elegante portfolio online con uno sfondo grigio tenue che fa risaltare le sue immagini in bianco e nero.
Lasciati ispirare da questi esempi di fotografia in bianco e nero. Probabilmente noterai quando guardi queste fotografie in bianco e nero che la maggior parte dei fotografi ha specialità distinte. Ad esempio, alcuni fotografi sono specializzati esclusivamente in ritratti in bianco e nero, mentre altri sono più inclini a scattare fotografie di moda.
D’altra parte, alcuni fotografi scatteranno in vari soggetti mantenendo il bianco e nero al centro della loro estetica (puoi saperne di più sull’estetica della fotografia in bianco e nero qui).
Sia che tu voglia specializzarti in un certo tipo di fotografia in bianco e nero o che tu sia più attratto dalla flessibilità, abbiamo inserito ciascuno di questi fotografi nella categoria che riflette maggiormente il loro stile principale per aiutarti a identificare il fotografo che si avvicina di più il tuo stile. In questo modo, puoi dare un’occhiata in particolare al fotografo in bianco e nero che potrebbe avere un percorso professionale simile al tuo.
Ti trovi davanti un panorama mozzafiato e ti stai chiedendo come fotografare le montagne al meglio? Così grandi, così possenti che meritano un scatto pensato e curato.
Beh con questo articolo fotografare montagne non sarà mai più un problema!
Le montagne affascinano da sempre i fotografi, ma seppure siano un soggetto così grande, non sono affatto facili da immortalare.
Intanto perché, proprio per la loro dimensione, è facile dimenticare che l’occhio umano non vede ciò che riesce a inquadrare una lente, per cui paesaggi che a noi sembrano bellissimi saranno semplicemente banali in foto, se non irrealizzabili per motivi di spazio.
Poi per la luce, che spesso è caratterizzata da luci e ombre molto nette, che rendono difficile ottenere i mezzi toni, o sbagliare completamente il contrasto di una scena.
Infine, considera che per le inquadrature migliori spesso si è costretti a camminare per ore con i pesanti zaini fotografici sulle spalle. E sappiamo bene che la montagna va sempre rispettata e affrontata con le giuste misure di sicurezza.
In qualunque periodo dell’anno, il meteo cambia velocemente, ci si può perdere o rimanere feriti.
È sempre bene avventurarsi a fotografare montagne con qualcun altro insieme a noi.
Avere una mappa e delle scorte di cibo e acqua e una torcia nel caso ci attardiamo, perché in montagna… il buio arriva in fretta, coperto dalle grandi cime che ci circondano.
Senza contare che a volte per avere la luce migliore dobbiamo muoverci prima dell’alba in modo di trovarci nel posto giusto al momento giusto.
Indice dei contenuti
Impostazioni base della camera per fotografare le montagne
Insomma considerando che abbiamo raggiunto in nostro punto panoramico, magari in macchina (che non siamo mica tutti Walter Bonatti dai ;))…..
ora come facciamo la foto?
Intanto diamo un’occhiata che la camera sia impostata in maniera ottimale.
La qualità del file va tenuta sempre su RAW, il che vuol dire avere il massimo delle informazioni della nostra foto.
Poi impostiamo il bilanciamento del bianco (WB) sulla modalità giusta (“sole, nuvoloso, ombra etc”) in base alle condizioni atmosferiche.
Qualcuno vi potrà dire di lasciarla in automatico, ma ora vi spiego perché io non lo faccio più.
Saprete che scattando in raw potete andare a modificare questo parametro facilmente anche in postproduzione, ma con l’esperienza ho imparato che la modalità automatica non è performante in tutti i modelli di camera (e non parlo solo della fascia economica).
A volte in una stessa sessione di shooting ti porta ad avere foto con WB diverso tra loro senza alcun motivo, sarete costretti ad andare a mettere mano al bilanciamento del bianco ad ogni singola immagine per farle combaciare tra loro.
Emh, no thanks!
Composizione e lunghezza focale per fotografare le montagne
Ci verrebbe da pensare che con un soggetto così grande, il grandangolo sia la soluzione migliore…Beh non è sempre così, dipende da diversi fattori.
Poniti queste due domande quando scegli la lunghezza focale:
Il primo piano vicino a noi è bello? O per lo meno, è privo di oggetti che disturbano come cartelli segnaletici o auto, ecc?
La montagna è abbastanza vicina a noi per avere un’inquadratura interessante?
Se la risposta a queste domande è affermativa, allora quello che dobbiamo fare e cercare un soggetto interessante da tenere in primo piano.
Potrebbero essere degli amici o dei fiori di montagna, qualunque cosa che ci aiuti a rendere lo scatto più interessante e tridimensionale.
Semplicemente abbassiamo la camera cercando una composizione che grazie al soggetto in primo piano ci dia il senso della profondità.
Ma se invece il grandangolo non è un’opzione possibile?
Possiamo sempre fare belle foto alle montagne?
Ebbene sì, anzi io spesso scelgo di fotografare le montagne con un teleobiettivo.
Il motivo oltre ai precedenti elencati, è che spesso la luce accarezza solo alcuni dettagli, regalandoci immagini incredibili, che solo in questo modo potremmo cogliere.
Poi c’è sempre da considerare che nei punti panoramici dove ben si presta il grandangolo, saranno in molti a fare le stesse foto, con il classico effetto scontato “foto da cartolina”.
Quindi utilizzare una focale lunga – la mia preferita è tra 70mm e 200mm – ci permetterà di creare immagini più “originali” dalla stessa location.
Impostazioni pre scatto
Ci siamo quasi, abbiamo raggiunto il nostro spot, scelto la lente e composto l’immagine, ma ora arriva il bello, non possiamo sbagliare proprio adesso!
Prendiamoci ancora un minuto per settare la camera in manuale per garantire il massimo della resa.
Chiudiamo il diaframma a f11 (nella camera è raffigurato con la lettera F): in questo modo avremo quanta più area possibile a fuoco. Questo perché metteremo il focus nel punto di iperfocale, cioè il punto che, nella lente, separa ciò che è a fuoco da ciò che non lo è.
Tanto più la nostra lunghezza focale sarà lunga, tanto più lontano sarà il punto di inizio dell’iperfocale.
Ti faccio un esempio: con una fullframe f11 24mm e mettendo a fuoco un punto nell’orizzonte, dopo circa 1,80 metri di distanza dalla camera avremo tutto a fuoco.
Mentre con lo stesso corpo macchina, sempre f11 ma questa volta con un 200mm, e sempre puntando nello stesso punto nell’orizzonte, per 110 metri dalla camera non avremo il fuoco.
Qui puoi trovare delle app gratuite per il cellulare che ti aiutano a calcolarlo in base a camera, lente e distanza.
Android(HyperFocal Pro)
Apple: (SetMyCamera)
Gli Iso li mettiamo al minimo che la nostra attrezzatura ci consente, in genere le entry level partono da un minimo di iso 100 mentre quelle più di fascia alta arrivano ad un minimo di 50 o meno.
A questo punto non ci resta che aggiustare i tempi di scatto, che andremo a settare in base a quello che ci dice l’esposimetro della camera.
Attenzione! visto il diaframma chiuso, e con il sole che si potrebbe essere andato a nascondere dietro le cime, ci potremmo trovare ad aver bisogno di abbassare i tempi di scatto sotto il limite di sicurezza.
Ricordiamoci la regola per gli scatti a mano: per non avere mosso, il tempo minimo di sicurezza deve essere almeno pari o superiore all’inverso della lunghezza focale.
Un esempio: con una lunghezza focale di 24mm dovremmo almeno tenere 1/24 che andiamo ad arrotondare in positivo con 1/30, visto che 1/24 non lo possiamo mettere.
Se avessimo montato in macchina un 50mm avremmo dovuto scattare almeno a 1/50, e per un 200mm almeno a1/200.
Comunque ti consiglio di non andare mai sotto1/30 di secondo! Neanche con un 18mm, perché per quanto possiamo stare fermi e stabili sotto questa cifra è davvero facile sbagliare.
Nel dubbio io porto sempre con me un cavalletto o un gorilla pod, in questo modo evito di dover alzare gli ISO che tendono a degradare la qualità dell’immagine.
Questo si va a vedere soprattutto nelle camere di fascia medio/bassa.
Il treppiede è importante che sia ben fatto altrimenti non evita il micro mosso dalle foto che va a rovinare tutto il lavoro fatto fin ad ora, senza contare che su di esso montiamo la camera, la cosa forse più importante nella vita di un fotografo….non vogliamo ci faccia cattivi scherzi!
Se vuoi scattare in maniera professionale un buon treppiede è fondamentale, di seguito ho messo il link ai migliori (qualità prezzo) che trovate sul mercato, senza spendere una cifra esorbitante ma con il 100% della affidabilità.
Non ti resta che goderti il paesaggio e scattare!
Per sicurezza ti consiglio di fare sempre più foto per ogni inquadratura. E se hai la possibilità di aspettare che la luce cambi sul volto della montagna, fallo, per ottenere scatti diversi tra loro.
Ormai la fotografia con la pellicola è stata quasi completamente sostituita con il digitale e dai programmi di fotoritocco, i filtri hanno perso un po’ della loro magia e nella vita dei fotografi, sono entrati di prepotenza cursori, pulsanti e sensori. E’ per questo motivo che le nuove generazioni di fotografi, pensano che i filtri servano solo per proteggere la lente dell’obiettivo dagli urti e dai raggi ultravioletti. Invece i filtri. anche nell’era digitale, riservano ancora un grande potenziale per rendere migliori le nostre fotografie. Come filtro il polarizzatore emerge su tutti e, anche se qualcuno dei suoi effetti può essere replicato al computer in post-produzione e in “camera raw”. Però è altrettanto vero che ci sono sono effetti e risultati che non si possono raggiungere senza questo filtro, come l’eliminazione dei riflessi e la saturazione dei colori.
Il filtro polarizzatore possiamo sceglierlo rotondo, che si può avvitare sulla parte anteriore dell’ottica, o quadrato a lastra che può essere inserito in un apposito portafiltri. I filtri a lastra si adattano a svariati obiettivi e posso essere adoperati con più facilità sui grandangoli.
I filtri a vite, come accennato, si avvitano sulla filettatura frontale dell’ obiettivo senza pregiudicarne la maneggevolezza e consentono il normale utilizzo del paraluce. Possono tranquillamente essere montati in serie (uno sull’altro) permettendoci diverse combinazioni ma bisogna stare attenti a non esagerare con lo spessore perché potremmo rischiare di inquadrarne il bordo e “vignettare” il fotogramma, specialmente sui grandangoli. Il grosso limite dei filtri a vite è che hanno un diametro fisso e quindi se cambiamo obiettivo, ed il diametro non corrisponde, il filtro non è più utilizzabile. Esistono degli anelli adattatori (da filtro grande ad attacco piccolo) ma sono scomodi e pregiudicano l’utilizzo del paraluce.
I filtri quadrati a lastra sono in genere meno conosciuti e considerati molto più specialistici di quello che non sono nella realtà. Potrebbero essere anche utilizzati a mano, tenuti davanti all’obiettivo, ma per un uso più pratico ed efficace vengono inseriti in un porta filtri che si monta davanti all’obiettivo tramite un anello adattatore. Tenendo presente quello che abbiamo illustrato sui filtri a vite, nel caso di sostituzione dell’ obiettivo, sarà sufficiente cambiare il solo anello adattatore mentre tutto il resto del sistema (filtri e porta filtri) resterà lo stesso.
Il filtro polarizzatore è il filtro per antonomasia, il più ricercato e usato da ogni fotografo anche se non lo conosce a fondo. per cui non lo usa o non ne sente la necessità per il genere di foto che fa. Il polarizzatore riesce come per incanto a bloccare la luce riflessa dalle superfici come vetro o acqua saturando i colori e permettendo di vedere attraverso la superficie. Consente anche di rendere il cielo più blu assorbendo la luce riflessa dal vapore acqueo presente nell’aria.
Il filtro polarizzatore è il solo filtro che non possiamo applicare in post produzione, sono di due tipi, circolare e lineare. Le prerogative estetiche e funzionali sono simili, divergono solo nel modo in cui agiscono sulle lunghezze d’onda e, senza inoltrarsi in tecnicismi, l’utilizzo del filtro polarizzatore circolare crea meno problemi agli esposimetri delle moderne.
Usato in prevalenza nel formato rotondo per la sua praticità, questa versione a vite è composto da due parti: quella posteriore, che si avvita sull’obiettivo e quella anteriore, che ruota liberamente a 360 gradi in modo che è possibile trovare l’effetto desiderato.
Il massimo effetto polarizzante si ottiene quando la luce è laterale rispetto al punto di ripresa e, poiché le condizioni di luce variano da scatto a scatto, il filtro polarizzatore va regolato (ruotandolo) per ottenere l’effetto di assorbimento desiderato. Da tenere presente che, proprio per questo suo funzionamento, l’utilizzo del polarizzatore con obiettivi che hanno la lente frontale che ruota durante la messa a fuoco, risulta molto scomodo.
Un altro limite del polarizzatore, dovuto sempre alle sue caratteristiche intrinseche, emerge nell’utilizzo delle ottiche grandangolari spinte che, avendo un campo visivo particolarmente ampio (>90°), non permettono un effetto polarizzante omogeneo su tutta la scena inquadrata perché l’incidenza della luce varia significativamente da un lato all’altro del fotogramma.
Ti trovi a sera a Times Square nel centro, anzi nel gorgo di Manhattan, in un attimo si dileguano tutte le immagini e l’impressioni che abbiamo delle città in cui abitiamo. Ci interroghiamo come è possibile essere passati quasi all’improvviso dalle fioche luci dei nostri centri urbani a queste miriadi di luci e insegne sfavillanti e multicolori che ci circondano. La luce ci avvolge e sovrasta al punto che anche le persone e le cose che ci sono attorno sembrano sprigionare luce propria. Una miriade di luci baluginanti che fanno perdere ogni cognizione dello spazio e del tempo, vedi per la prima volta e in pochi attimi, migliaia di persone che probabilmente non vedrai mai più, ma in quella luce e atmosfera quasi natalizia e festaiola ci sentiamo parte di una famiglia. Ti sfiori, guardi e sorridi a gente mai prima incontrata che come te viene da ogni angolo del mondo, che parlano le lingue più singolari e che vestono nelle maniere più stravaganti, e proprio lì, in quel momento, senti che fai parte di loro, parte della famiglia umana.
La New York notturna è difficile da descrivere, ci vorrebbe un narratore di novelle per raccontare il suo mistero, A Broadway, le insegne luminose e gigantesche dei teatri, lampeggiano intermittenti, riflettendosi sui larghi marciapiedi e sui volti dei passanti. Gli ampi ingressi dei teatri si aprono ai visitatori proponendo spettacoli di ogni genere e diletto: musicals, jazz, folk, reggae, rock and roll. Puoi trovare di tutto, basta cercare.
A New York la tecnologia è spinta all’ennesima potenza e il modernismo dell’occidente si intravede senza remore in ogni angolo. Onde immense di luci al neon si accavallano senza sosta, schermi digitali di dimensioni gigantesche propongono immagini di ogni genere che si dissolvono scomparendo una dietro l’altra. In un paradiso di megapixel, le immagini si compongono e scompongono in un tripudio luccicante e seducente: un’auto rossa fiammante, lascia il posto a una modella con un vestito giallo e poi, a due labbra e un rossetto color porpora.
Cammini e guardi affascinato e un po’ frastornato, circondato dalla folla che ti fascia e quasi sospinge a camminare, street dopo street, con un occhio alla marea gialla dei taxi che sfrecciano silenziosi portando i clienti ai ristoranti più rinomati, ai vari rock cafè, ai teatri, alle grandi suite di lusso. Ma nonostante New York susciti grandi e belle emozioni, non è immune dalle contraddizioni che accomunano tutte le grandi metropoli. Anche nell’opulenza della notte newyorkese capita che le sirene delle autoambulanze sovrastino il vociare della folla e rammentino a tutti che qualche sfortunato è in pericolo di vita. E non è raro vedere, ad un angolo di strada, qualche poveretto che dorme avvolto in miseri abiti o cartoni…
Una nota canzone, resa famosa da Frank Sinatra e Liza Minnelli, dice che se uno riesce a sopravvivere a New York, la città che non dorme mai, è corrazzato per vivere dovunque. Penso che sia vero.
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INTERNATIONAL MEN’S DAY:
Perché gli stereotipi maschili hanno bisogno di essere smantellatiQueste celebrità stanno ridefinendo la frase ‘man up’ …
Se la mascolinità convenzionale fosse una competizione, Dwayne Johnson avrebbe vinto.
Con i bicipiti delle dimensioni delle pallacanestro, più denaro contante di quanto avrebbe potuto eliminare, e una filmografia tra cui Pain & Gain , Ballers e Rampage , nessuno ha più una ragione per perpetuare la “mascolinità” classica di The Rock.
Tanto più impressionante, quindi, che l’ex pro-wrestler ha aperto le sue lotte sulla salute mentale nelle interviste e sui social media.
“La chiave è non aver paura di aprirsi”, ha twittato, “specialmente noi ragazzi abbiamo la tendenza a tenerlo dentro. Non sei solo.”
Quando The Rock parla della mascolinità, le persone ascoltano. Bravo Dwayne, puoi dare un altro schiaffo.
2. ROBERT WEBB
Pari Show, la star di Peep Show, Robert Webb, ha scritto un memorabile e onesto libro di memorie How Not To Be A Boy , descrivendo in dettaglio quanto possano essere dannosi gli stereotipi iper maschili per coloro che non sono abbastanza fortunati per soddisfarli.
Il libro è un racconto catartico della sua giovinezza inquieta, nonché un manifesto su come allevare un uomo moderno.
3. PRINCE HARRY
4. TERRY CREWS
‘La mascolinità può essere una setta’, ha detto Terry Crews in un’intervista con GQ all’inizio di quest’anno, e se qualcuno lo sa, lo sa.
Crews ha diviso la sua carriera tra la NFL – uno degli ambienti più testosterone-alimentati da questa parte della sala pesi di Arnold Schwarzenegger – e la corsa al successo di pre-MeToo Hollywood.
Nel suo libro, Manhood – How To Be A Better Man, o Just Live With One, Crews fa un giro nella mentalità misogina del pacchetto che ha visto alla NFL, parla delle sue stesse lotte con la dipendenza dalla pornografia e sostiene di essere stato vittima di un rapporto sessuale assalto.
COMMENTI
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La fotografia convenzionale registra immagini generate dal riflesso sul soggetto delle radiazioni visibili, così dette perché apprezzabili dall’occhio umano. Tali radiazioni, dal blu al rosso, occupano uno spettro che va, in termini di lunghezza d’onda, dai 400 ai 750 nm (nanometri = milionesimi di millimetro).
Sotto i 400 nm si hanno le radiazioni UV e al disopra dei 700 nm si ha il campo del IR (Infrarosso).
La pellicola fotografica è normalmente sensibile alle radiazioni di più corta lunghezza d’onda (quelle blu) ma, con opportune sensibilizzazioni, si può ottenere una buona risposta anche nel campo IR. Normalmente le pellicole IR in b&n sono sensibili sia al visibile che all’IR, cosiddetto vicino, e cioè fino a 900 nm. Per speciali applicazioni scientifiche si può arrivare però anche a 1200 nm: si tratta in questo caso di materiali del tutto speciali, con scadenze ridotte nel tempo, che devono essere conservati al freddo, pena la velatura.
La pellicola Kodak “High Speed Infrared” (vedi link a fine intervento) è del primo tipo.
Come detto, la pellicola è sensibile anche alla parte visibile dello spettro, ottenendo immagini che somigliano molto a quelle ottenibili con pellicole convenzionali, salvo una leggera modifica tonale dei grigi. Quindi se desideriamo registrare solamente le radiazioni infrarosse, è necessario fare uso di filtri adatti, tutti reperibili nella serie Kodak Wratten, sotto forma di fogli in gelatina (da non confondere con la gelatina utilizzata per la realizzazione delle pellicole), abbastanza delicati e da trattare quindi con cura.
Tali filtri tagliano progressivamente le radiazioni visibili, mano a mano che si procede con la sequenza: 25A – 70 – 89B – 88A – 87 – 87C.
In particolare, mentre il filtro 25A lascia passare anche parte del visibile (da circa 580 nmin poi), il 70 lascia passare solo un po’ di rosso (da 640 nm in poi), il 89B praticamente il solo IR (da 690 nm) e gli altri tagliano completamente il visibile spingendosi a tagliare anche un pò nel IR.
Per tale ragione, all’occhio umano, i filtri 88A, 87 ed 87C risultano neri.
Usando filtri per IR si accentua la componente non visibile, che si traduce, nei paesaggi ad es., in un cielo anche molto scuro, in una decisa eliminazione della foschia ed in una resa molto chiara del fogliame, dotato di elevato fattore riflettente per gli IR.
Un altro tipo di applicazioni è quello della fotografia al buio (buio solo ai nostri occhi).
Un potente lampeggiatore elettronico, che emette normalmente anche nel IR, provvisto di un filtro a taglio totale del visibile, emette radiazioni che impressionano la pellicola, senza essere percepite dall’occhio.
La pellicola High Speed Infrared, che può essere considerata una 200 ISO, senza filtri ed alla luce artificiale delle lampade (non è possibile effettuare misure esposimetriche convenzionali dato che i comuni esposimetri non lo consentono per ragioni di sensibilità spettrale), può essere considerata una 125 ISO con il filtro 25A 70 o 89B, 64 ISO con il filtri 87 o 88A e 25 ISO con il 87C.
Lo stesso rapporto di sensibilità può essere utilizzato in luce naturale, partendo però, senza filtri, da 80 ISO. È comunque consigliabile effettuare esposizioni multiple, a “forcella” o anche “Bracketing” (ovvero, scattando più fotogrammi dello stesso soggetto, sovresponendo e sottoesponendo di uno stop rispetto al valore indicato o presunto), in modo da essere ragionevolmente certi che il risultato sia conseguito.
Per la fotografia al buio si può utilizzare un lampeggiatore elettronico, sulla cui parabola va applicato un filtro IR 87 o 87C in modo che l’emissione luminosa non sia affatto percepibile all’occhio.
Si procede ricoprendo completamente la parte anteriore della parabola, senza lasciare fessure da cui possano uscire raggi visibili. Questa tecnica è particolarmente usata per le riprese della vita degli animali notturni.
In particolare in questo caso occorre fare un certo numero di prove, per verificare, in queste particolarissime condizioni, l’effettivo NG (numero guida) del lampeggiatore, che tenga conto dell’emissività IR del sistema e della trasparenza del filtro in quella regionale spettrale.
In linea di massima, se si fa uguale ad uno il coefficiente di posa dei filtri 25A, 70 ed 89B, si può considerare circa 2 il coefficiente di posa dei 88A e 87, mentre diventa 5 il coefficiente di posa del 87C, il filtro più denso, che taglia tutta la radiazione al disotto di 790 nm.
Messa a fuoco: le radiazioni IR vengono deviate meno di quelle visibili; le condizioni di messa a fuoco sono pertanto differenti, dato che le ottiche non sono in genere corrette in questo senso.
Operando senza filtri, mediamente è conveniente usare la messa a fuoco convenzionale.
Usando i filtri è meglio usare la messa a fuoco modificata: mettere a fuoco con il sistema convenzionale, cioè senza filtro, e poi spostare il punto di messa a fuoco, risultante sul “barilotto” dell’obiettivo, su di una piccola tacca rossa, presente su tutte le ottiche di qualità.
Non disponendo di tale riferimento, si farà avanzare l’obiettivo di circa lo 0,25% della sua lunghezza focale.
Il salvataggio di una giraffa, una rana “trasparente”, una medusa paralizzata: gli editor di National Geographic hanno selezionato tra migliaia di immagini queste straordinarie 28 fotografie di animali.
DA NATASHA DALY FOTOGRAFIE DI (A CURA DI) KATHY MORAN 3 GEN 2022, 09:17 CET
I beluga sono animali curiosi e giocosi. Al largo dell’Isola di Somerset, nell’Artico canadese, sono stati osservati prendere dei sassi e passarseli, oppure ondeggiare con dell’alga sulla testa, portandola come se fosse una corona o una parrucca. Quasi 2.000 beluga si ritrovano qui ogni estate, allevando i piccoli e dialogando con fischi e squittii e nuotando in varie formazioni con amici e componenti della famiglia. La cultura dei beluga si basa su relazioni sociali che durano tutta la vita, e gli scienziati ipotizzano che siano una delle tante specie di balene che condividono tradizioni culturali non molto dissimili da quelle umane (da “The hidden world of whale culture” (Il mondo nascosto della cultura delle balene, N.d.T.) aprile 2021).FOTOGRAFIA DI BRIAN SKERRY
Questo giovane beluga, circondato dalla propria famiglia, scivola sul roccioso fondale marino. Dalla sua bocca sporge un sasso piatto: un “giocattolo” da passare ai propri compagni di gioco.
Gli scienziati ritengono che i beluga abbiano complesse strutture sociali: si comunicano le rotte di spostamento, usano richiami specifici, forse per comunicare la propria identità, giocano tra loro rincorrendosi, agitando la coda e compiendo salti e volteggi in acqua, scivolano sul fondale marino sfregando le superfici ruvide per grattarsi. Stiamo solo iniziando a conoscere la complessità della cultura delle balene. La fotografia di Brian Skerry di questo giocoso giovane beluga è la prima nel suo genere. È una delle 28 immagini selezionate dagli editor di National Geographic tra le migliori fotografie di animali del 2021.
Quest’anno, mentre il mondo umano era sconvolto dalla pandemia, i mondi nascosti della fauna selvatica continuavano il proprio corso, ignari. Alcune delle immagini più mozzafiato dei fotografi di National Geographic hanno catturato le meraviglie della natura: i ritratti di Eduard Florin Niga rivelano i più piccoli dettagli e le caratteristiche di alcune tra le facce più piccole al mondo: quelle delle formiche. Jennifer Hayes e David Doubilet ci immergono nel vivace mondo del mare notturno, con un radioso pesce scatola e un piccolo carangide che scivola nel buio. La fotografia di Brian Brown di un’iridescente Euglossa viridissima, trovata nell’Amazzonia brasiliana, ci presenta una cugina tropicale dei bombi che frequentano i nostri giardini. Si tratta di uno di molti insetti amazzonici che sono stati recentemente scoperti e fotografati per la prima volta. Queste immagini ci aiutano a volgere lo sguardo lontano e trovare serenità nella bellezza e nelle complessità della vita degli animali.
L’ombra dell’essere umano, tuttavia, non è mai troppo lontana. In alcune delle più potenti immagini di animali selvatici dei nostri fotografi si percepisce una minaccia di sottofondo. Le foto di Thomas Peschak di suricati e pangolini nel deserto del Kalahari, regione hot spot del cambiamento climatico, evidenziano la loro vulnerabilità. L’immagine di Mélanie Wenger di un pinguino africano curioso a Simon’s Town, in Sudafrica, mette in luce una specie che è minacciata più del rinoceronte bianco e si stima che potrebbe rischiare l’estinzione nei prossimi 15 anni.
Altri fotografi hanno messo in evidenza l’aiuto dell’uomo: le immagini di Brent Stirton di un custode che tiene tra le braccia un gorilla morente che ha allevato fin da quando era un cucciolo e di un pilota che porta in volo verso un santuario due scimpanzé rimasti orfani, e le fotografie di Nichole Sobecki di cuccioli di ghepardo salvati dal commercio di animali esotici venduti come animali domestici, documentano gli animali vittime di violenza e gli umani che cercano di sottrarli a terribili sofferenze.
Il tema dominante in questa collezione, afferma Kathy Moran, vicedirettrice della fotografia di National Geographic che ha curato la selezione, è il collegamento uomo-fauna selvatica. “I nostri fotografi sono così partecipi nelle storie che raccontano da essere disposti a raggiungere i luoghi più remoti per realizzare fotografie che mostrino realtà sconosciute e condividere il mondo naturale e tutti gli aspetti ai quali dovremmo tutti prestare attenzione”.
Moran, che dopo 40 anni di lavoro presso la rivista questo mese andrà in pensione, riflette su come è cambiato il nostro fotogiornalismo sulla fauna selvatica nel corso dei decenni. “Quando ho iniziato questo lavoro, i nostri contenuti erano puramente articoli su natura e fauna selvatica”. Le foto sulle creature selvatiche hanno contraddistinto lo stile di National Geographic per anni.
“Questi aspetti di piacere visivo e fascinazione saranno sempre necessari”, afferma Moran, “ma nel tempo mi sono resa conto che concentrarsi solo su quello voleva dire raccontare solo metà della storia”.
Il fotogiornalismo sulla fauna selvatica di National Geographic, racconta Moran, si è evoluto, ed è andato oltre la mera osservazione affascinata dell’animale, esaminando il suo contesto e indagando sulle problematiche che lo interessano. Sempre facendo riferimento e sottolineando il lavoro dei nostri fotografi, Moran afferma che spesso il loro focus è “identificare modalità che permettano agli animali – e a noi – di avere una prospettiva futura; questo aspetto della nostra narrazione è diventato sempre più importante per me… Ho iniziato a pensare che anche la più bella fotografia di storia naturale non ha significato se quell’animale è minacciato da una serie di fattori e noi non ne parliamo”.
Un esemplare maschio di pantera supera un ruscello con un balzo, presso il Florida Panther National Wildlife Refuge nel sud-ovest della Florida. Questi felini schivi, e raramente osservati, di cui si contano circa 200 esemplari, stanno riconquistando il territorio a nord delle Everglades, ma il loro habitat è minacciato dall’espansione urbana. A giugno la Florida ha messo in atto importanti misure di protezione per i corridoi della fauna selvatica, fondamentali per la sopravvivenza di questa specie (da “How America’s most endangered cat could help save Florida” (Il felino americano più minacciato potrebbe contribuire a salvare la Florida, N.d.T.) marzo 2021).FOTOGRAFIA DI CARLTON WARD
Sinistra:
Le rane di vetro — piccoli anfibi che abitano sugli alberi in America Latina e devono il loro nome alla propria pelle traslucida — sono abilissime nella mimetizzazione. La rana di vetro Manduriacu (a sinistra) è una cacciatrice da agguato: aspetta che un insetto o un ragno si avvicini, per poi sferrare il suo attacco.Destra:
Gli embrioni di un’altra specie di rana di vetro (Nymphargus wileyi, a destra) endemica delle Ande orientali dell’Ecuador, pendono dalla punta di una foglia di felce. Quando le uova si schiudono, i piccoli girini cadono nel corso d’acqua sottostante, dove continuano il proprio sviluppo (da “These see-through frogs are full of surprises” (Queste rane trasparenti sono piene di sorprese, N.d.T.) luglio 2021).FOTOGRAFIA DI JAIME CULEBRAS
I piccoli elefanti rimasti orfani presso il Reteti Elephant Sanctuary nel nord del Kenya vengono alimentati con un flacone di latte artificiale ogni tre ore circa. Prima veniva importato il latte artificiale usato anche per i bambini, ma quando la pandemia lo ha reso difficile da reperire, il personale del santuario ha iniziato a usare una preparazione a base di latte di capra, disponibile a livello locale, più economico e più sostenibile. E sembra che gli elefanti ne traggano grande beneficio (da “For Kenya’s orphaned elephants, goats to the rescue” (Le capre vengono in soccorso degli elefanti del Kenya rimasti orfani, N.d.T.) agosto 2021).FOTOGRAFIA DI AMI VITALE
Vista dal centro di un frenetico sciame di locuste presso il Lewa Wildlife Conservancy nel nord del Kenya. Le dimensioni degli sciami possono andare da 1,3 a quasi 1.200 km quadrati, con 40-80 milioni di esemplari. Dalla fine del 2019, nugoli di locuste hanno avvolto il Corno d’Africa, divorando raccolti e pascoli, e innescando un’azione di irrorazione di pesticidi sia nell’aria che sul suolo che si è estesa su otto Paesi. Queste sostanze chimiche tuttavia possono essere molto pericolose per la fauna selvatica (da “A locust plague hit East Africa. The pesticide solution may have dire consequences” (Un’invasione di locuste colpisce l’Africa orientale. La soluzione dei pesticidi potrebbe avere conseguenze disastrose, N.d.T.) marzo 2021).FOTOGRAFIA DI DAVID CHANCELLOR
Sinistra:
Al largo di Marsiglia, a 78 metri sotto la superficie del Mar Mediterraneo, i gamberetti unicorno fluttuano in foreste di corallo nero (il nome comune del corallo nero deriva dal colore del suo scheletro, mentre il tessuto vivo è bianco). I gamberetti sono lunghi circa 10 cm, e comunicano attraverso segnali inviati tramite il contatto delle antenne. Nel Mar Mediterraneo nelle interiora di questi animali sono stati trovati frammenti di plastica.Destra:
I nuotatori che si immergono nelle acque dell’Atlantico del nord fuggono alla vista di questa medusa, la Pelagia noctiluca, detta “medusa luminosa”. I tentacoli e tutto il suo corpo sono ricoperti di sostanza urticante. Ma un corallo nero è riuscito a paralizzare questo esemplare al largo di La Ciotat, nella Francia meridionale (da “They spent 28 days under the sea—and found another Earth” (28 giorni nelle profondità marine: la scoperta di un nuovo mondo, N.d.T.) aprile 2021).FOTOGRAFIA DI LAURENT BALLESTA
Anthony Caere, pilota del Parco nazionale dei Virunga nella Repubblica Democratica del Congo, tiene in braccio i giovani scimpanzé Felix e Mara, mentre li trasporta al centro riabilitativo per primati di Lwiro. Le famiglie di questi cuccioli sono state uccise dai bracconieri. Caere, sopravvissuto a un incidente aereo nel 2017, racconta che aiutare a salvare gli scimpanzé rappresenta uno scopo di vita per lui (da “Central African sanctuary gives hope to chimps—and their rescuers” (Un santuario in Africa centrale dà speranza agli scimpanzé – e ai loro salvatori, N.d.T.) settembre 2021).FOTOGRAFIA DI BRENT STIRTON
Ndakasi, un esemplare femmina di gorilla di montagna, ha esalato l’ultimo respiro tra le braccia del suo custode il 26 settembre, poco dopo lo scatto di questa fotografia, a seguito di una lunga malattia. Andre Bauma e altri del Senkwekwe Mountain Gorilla Center, nella Repubblica Democratica del Congo, si sono occupati di lei dal 2007, quando fu trovata aggrappata al corpo senza vita di sua madre. Ndakasi è stata l’unica della sua famiglia di gorilla di montagna (specie in pericolo critico di estinzione), a sopravvivere a un attacco che ha avuto le caratteristiche di un’esecuzione, successivamente ricondotto ai produttori illegali di carbone (da “Remembering Ndakasi, a beloved mountain gorilla” (In memoria di Ndakasi, la nostra amata gorilla di montagna, N.d.T.) ottobre 202
Il salvataggio di una giraffa, una rana “trasparente”, una medusa paralizzata: gli editor di National Geographic hanno selezionato tra migliaia di immagini queste straordinarie 28 fotografie di animali.
DA NATASHA DALYFOTOGRAFIE DI (A CURA DI) KATHY MORANPUBBLICATO 23 DIC 2021, 15:35 CETAGGIORNATO 3 GEN 2022, 09:17 CET
I beluga sono animali curiosi e giocosi. Al largo dell’Isola di Somerset, nell’Artico canadese, sono stati osservati prendere dei sassi e passarseli, oppure ondeggiare con dell’alga sulla testa, portandola come se fosse una corona o una parrucca. Quasi 2.000 beluga si ritrovano qui ogni estate, allevando i piccoli e dialogando con fischi e squittii e nuotando in varie formazioni con amici e componenti della famiglia. La cultura dei beluga si basa su relazioni sociali che durano tutta la vita, e gli scienziati ipotizzano che siano una delle tante specie di balene che condividono tradizioni culturali non molto dissimili da quelle umane (da “The hidden world of whale culture” (Il mondo nascosto della cultura delle balene, N.d.T.) aprile 2021).FOTOGRAFIA DI BRIAN SKERRY
Questo giovane beluga, circondato dalla propria famiglia, scivola sul roccioso fondale marino. Dalla sua bocca sporge un sasso piatto: un “giocattolo” da passare ai propri compagni di gioco.
Gli scienziati ritengono che i beluga abbiano complesse strutture sociali: si comunicano le rotte di spostamento, usano richiami specifici, forse per comunicare la propria identità, giocano tra loro rincorrendosi, agitando la coda e compiendo salti e volteggi in acqua, scivolano sul fondale marino sfregando le superfici ruvide per grattarsi. Stiamo solo iniziando a conoscere la complessità della cultura delle balene. La fotografia di Brian Skerry di questo giocoso giovane beluga è la prima nel suo genere. È una delle 28 immagini selezionate dagli editor di National Geographic tra le migliori fotografie di animali del 2021.
Quest’anno, mentre il mondo umano era sconvolto dalla pandemia, i mondi nascosti della fauna selvatica continuavano il proprio corso, ignari. Alcune delle immagini più mozzafiato dei fotografi di National Geographic hanno catturato le meraviglie della natura: i ritratti di Eduard Florin Niga rivelano i più piccoli dettagli e le caratteristiche di alcune tra le facce più piccole al mondo: quelle delle formiche. Jennifer Hayes e David Doubilet ci immergono nel vivace mondo del mare notturno, con un radioso pesce scatola e un piccolo carangide che scivola nel buio. La fotografia di Brian Brown di un’iridescente Euglossa viridissima, trovata nell’Amazzonia brasiliana, ci presenta una cugina tropicale dei bombi che frequentano i nostri giardini. Si tratta di uno di molti insetti amazzonici che sono stati recentemente scoperti e fotografati per la prima volta. Queste immagini ci aiutano a volgere lo sguardo lontano e trovare serenità nella bellezza e nelle complessità della vita degli animali.
L’ombra dell’essere umano, tuttavia, non è mai troppo lontana. In alcune delle più potenti immagini di animali selvatici dei nostri fotografi si percepisce una minaccia di sottofondo. Le foto di Thomas Peschak di suricati e pangolini nel deserto del Kalahari, regione hot spot del cambiamento climatico, evidenziano la loro vulnerabilità. L’immagine di Mélanie Wenger di un pinguino africano curioso a Simon’s Town, in Sudafrica, mette in luce una specie che è minacciata più del rinoceronte bianco e si stima che potrebbe rischiare l’estinzione nei prossimi 15 anni.
Altri fotografi hanno messo in evidenza l’aiuto dell’uomo: le immagini di Brent Stirton di un custode che tiene tra le braccia un gorilla morente che ha allevato fin da quando era un cucciolo e di un pilota che porta in volo verso un santuario due scimpanzé rimasti orfani, e le fotografie di Nichole Sobecki di cuccioli di ghepardo salvati dal commercio di animali esotici venduti come animali domestici, documentano gli animali vittime di violenza e gli umani che cercano di sottrarli a terribili sofferenze.
Il tema dominante in questa collezione, afferma Kathy Moran, vicedirettrice della fotografia di National Geographic che ha curato la selezione, è il collegamento uomo-fauna selvatica. “I nostri fotografi sono così partecipi nelle storie che raccontano da essere disposti a raggiungere i luoghi più remoti per realizzare fotografie che mostrino realtà sconosciute e condividere il mondo naturale e tutti gli aspetti ai quali dovremmo tutti prestare attenzione”.
Moran, che dopo 40 anni di lavoro presso la rivista questo mese andrà in pensione, riflette su come è cambiato il nostro fotogiornalismo sulla fauna selvatica nel corso dei decenni. “Quando ho iniziato questo lavoro, i nostri contenuti erano puramente articoli su natura e fauna selvatica”. Le foto sulle creature selvatiche hanno contraddistinto lo stile di National Geographic per anni.
“Questi aspetti di piacere visivo e fascinazione saranno sempre necessari”, afferma Moran, “ma nel tempo mi sono resa conto che concentrarsi solo su quello voleva dire raccontare solo metà della storia”.
Il fotogiornalismo sulla fauna selvatica di National Geographic, racconta Moran, si è evoluto, ed è andato oltre la mera osservazione affascinata dell’animale, esaminando il suo contesto e indagando sulle problematiche che lo interessano. Sempre facendo riferimento e sottolineando il lavoro dei nostri fotografi, Moran afferma che spesso il loro focus è “identificare modalità che permettano agli animali – e a noi – di avere una prospettiva futura; questo aspetto della nostra narrazione è diventato sempre più importante per me… Ho iniziato a pensare che anche la più bella fotografia di storia naturale non ha significato se quell’animale è minacciato da una serie di fattori e noi non ne parliamo”.
Un esemplare maschio di pantera supera un ruscello con un balzo, presso il Florida Panther National Wildlife Refuge nel sud-ovest della Florida. Questi felini schivi, e raramente osservati, di cui si contano circa 200 esemplari, stanno riconquistando il territorio a nord delle Everglades, ma il loro habitat è minacciato dall’espansione urbana. A giugno la Florida ha messo in atto importanti misure di protezione per i corridoi della fauna selvatica, fondamentali per la sopravvivenza di questa specie (da “How America’s most endangered cat could help save Florida” (Il felino americano più minacciato potrebbe contribuire a salvare la Florida, N.d.T.) marzo 2021).FOTOGRAFIA DI CARLTON WARD
Sinistra:
Le rane di vetro — piccoli anfibi che abitano sugli alberi in America Latina e devono il loro nome alla propria pelle traslucida — sono abilissime nella mimetizzazione. La rana di vetro Manduriacu (a sinistra) è una cacciatrice da agguato: aspetta che un insetto o un ragno si avvicini, per poi sferrare il suo attacco.Destra:
Gli embrioni di un’altra specie di rana di vetro (Nymphargus wileyi, a destra) endemica delle Ande orientali dell’Ecuador, pendono dalla punta di una foglia di felce. Quando le uova si schiudono, i piccoli girini cadono nel corso d’acqua sottostante, dove continuano il proprio sviluppo (da “These see-through frogs are full of surprises” (Queste rane trasparenti sono piene di sorprese, N.d.T.) luglio 2021).FOTOGRAFIA DI JAIME CULEBRAS
I piccoli elefanti rimasti orfani presso il Reteti Elephant Sanctuary nel nord del Kenya vengono alimentati con un flacone di latte artificiale ogni tre ore circa. Prima veniva importato il latte artificiale usato anche per i bambini, ma quando la pandemia lo ha reso difficile da reperire, il personale del santuario ha iniziato a usare una preparazione a base di latte di capra, disponibile a livello locale, più economico e più sostenibile. E sembra che gli elefanti ne traggano grande beneficio (da “For Kenya’s orphaned elephants, goats to the rescue” (Le capre vengono in soccorso degli elefanti del Kenya rimasti orfani, N.d.T.) agosto 2021).FOTOGRAFIA DI AMI VITALE
Vista dal centro di un frenetico sciame di locuste presso il Lewa Wildlife Conservancy nel nord del Kenya. Le dimensioni degli sciami possono andare da 1,3 a quasi 1.200 km quadrati, con 40-80 milioni di esemplari. Dalla fine del 2019, nugoli di locuste hanno avvolto il Corno d’Africa, divorando raccolti e pascoli, e innescando un’azione di irrorazione di pesticidi sia nell’aria che sul suolo che si è estesa su otto Paesi. Queste sostanze chimiche tuttavia possono essere molto pericolose per la fauna selvatica (da “A locust plague hit East Africa. The pesticide solution may have dire consequences” (Un’invasione di locuste colpisce l’Africa orientale. La soluzione dei pesticidi potrebbe avere conseguenze disastrose, N.d.T.) marzo 2021).FOTOGRAFIA DI DAVID CHANCELLOR
Sinistra:
Al largo di Marsiglia, a 78 metri sotto la superficie del Mar Mediterraneo, i gamberetti unicorno fluttuano in foreste di corallo nero (il nome comune del corallo nero deriva dal colore del suo scheletro, mentre il tessuto vivo è bianco). I gamberetti sono lunghi circa 10 cm, e comunicano attraverso segnali inviati tramite il contatto delle antenne. Nel Mar Mediterraneo nelle interiora di questi animali sono stati trovati frammenti di plastica.Destra:
I nuotatori che si immergono nelle acque dell’Atlantico del nord fuggono alla vista di questa medusa, la Pelagia noctiluca, detta “medusa luminosa”. I tentacoli e tutto il suo corpo sono ricoperti di sostanza urticante. Ma un corallo nero è riuscito a paralizzare questo esemplare al largo di La Ciotat, nella Francia meridionale (da “They spent 28 days under the sea—and found another Earth” (28 giorni nelle profondità marine: la scoperta di un nuovo mondo, N.d.T.) aprile 2021).FOTOGRAFIA DI LAURENT BALLESTA
Anthony Caere, pilota del Parco nazionale dei Virunga nella Repubblica Democratica del Congo, tiene in braccio i giovani scimpanzé Felix e Mara, mentre li trasporta al centro riabilitativo per primati di Lwiro. Le famiglie di questi cuccioli sono state uccise dai bracconieri. Caere, sopravvissuto a un incidente aereo nel 2017, racconta che aiutare a salvare gli scimpanzé rappresenta uno scopo di vita per lui (da “Central African sanctuary gives hope to chimps—and their rescuers” (Un santuario in Africa centrale dà speranza agli scimpanzé – e ai loro salvatori, N.d.T.) settembre 2021).FOTOGRAFIA DI BRENT STIRTON
Ndakasi, un esemplare femmina di gorilla di montagna, ha esalato l’ultimo respiro tra le braccia del suo custode il 26 settembre, poco dopo lo scatto di questa fotografia, a seguito di una lunga malattia. Andre Bauma e altri del Senkwekwe Mountain Gorilla Center, nella Repubblica Democratica del Congo, si sono occupati di lei dal 2007, quando fu trovata aggrappata al corpo senza vita di sua madre. Ndakasi è stata l’unica della sua famiglia di gorilla di montagna (specie in pericolo critico di estinzione), a sopravvivere a un attacco che ha avuto le caratteristiche di un’esecuzione, successivamente ricondotto ai produttori illegali di carbone (da “Remembering Ndakasi, a beloved mountain gorilla” (In memoria di Ndakasi, la nostra amata gorilla di montagn.